“Siamo fortemente allarmati e preoccupati per il futuro dello stabilimento catanese della STMicroelectronics. È evidente la disparità di investimenti con il sito di Agrate Brianza. Governo nazionale e regionale intervengano per chiedere investimenti industriali e innovazione tecnologica, oltre a un cambio gestionale, che restituisca una strategia di sviluppo a lungo termine in tutti i settori dell’azienda. Il sito di Catania ha un grande passato e notevoli potenzialità. Era e resta strategico. Le istituzioni non possono girarsi, indifferenti, da un altro lato!”. Lo affermano Nunzio Cinquemani, della Fiom Cgil, Giuseppe Caramanna, Uilm-Uil, e Angelo Mazzeo, Ugl metalmeccanici, insieme alla Rsu della StM, dopo aver partecipato nei giorni scorsi a Monza all’annuale incontro tra i vertici aziendali e le sigle sindacali con le loro rappresentanze unitarie.
“Quanto ci è stato prospettato dal management di StM – spiegano gli esponenti sindacali – è l’ennesima conferma di ciò che sta ormai accadendo da qualche anno. Il polo catanese, che conta oltre 4.500 dipendenti circa, continua a perdere importanza rispetto agli anni precedenti e l’asse principale del focus aziendale si è spostato verso il nord in quel di Agrate Brianza, dove lo stabilimento che impiega altrettanti dipendenti circa gode di una strategia di investimenti ben più importante. Già nel centro industriale lombardo è in corso, per una spesa di circa 2 miliardi di dollari, la costruzione di una nuova fabbrica con grande capacità produttiva di tecnologie avanzate a 12 pollici, che inevitabilmente assorbirà attività anche da Catania.
Al contrario il sito siciliano è fermo da oltre 20 anni a produzioni su 8 pollici, con evidenti limiti di competitività e di prospettive future”.
Cinquemani, Caramanna e Mazzeo aggiungono: “A Catania era stata realizzata una fabbrica di produzione a 12 pollici (denominata M6) che, malgrado potesse rendersi produttiva a un costo più basso, è stata dirottata al nord per scelte aziendali, in barba ad incentivi pubblici e alle politiche per il Sud tanto reclamizzate. Inoltre, il sito di Catania soffre il mancato riempimento del modulo denominato M9. Per quanto interessanti appaiano le nuove tecnologie su SiC e GaN (sviluppate a Catania), non possono da sole, senza una vera strategia di innovazione tecnologica anche sul silicio, essere ritenute esaustive per l’esigenza di futuro dell’impianto produttivo siciliano. In relazione ad investimenti non adeguati a considerarli strategici, dunque, è difficile pensare che possano sopperire ad una futura obsolescenza delle produzioni classiche, soprattutto se prodotti su piattaforme da 6 pollici e in quantità irrilevanti. Infine, non siano uno specchietto per le allodole le assunzioni degli ultimi mesi, molte di queste avvenute per sostituzione di lavoratori andati in pensione negli anni o spostati ad altre mansioni.
La situazione quindi è molto delicata e rischia di impattare in modo doloroso sull’assetto industriale e sul tutto il tessuto sociale non solo catanese”.
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