L’agenzia europea per il farmaco (Ema) ha iniziato a valutare la domanda di autorizzazione della versione adattata di Spikevax, il vaccino di Moderna contro il Covid19, mirata al virus originale e alle sue sottovarianti Omicron Ba4 e 5. Lo annuncia l’Ema.

Covid19 in Sicilia, il bollettino di ieri

Sono 391 i nuovi casi di Covid19 registrati nelle ultime 24 ore in Sicilia a fronte di 4.828 tamponi processati. Il giorno precedente i positivi erano 779. Il tasso di positività è all’8%, in diminuzione rispetto al 9,7% del giorno precedente.

Le vittime, i guariti, gli attuali positivi

La Sicilia è all’ottavo posto per contagi. Gli attuali positivi sono 22.482, in aumento di 32 casi. I nuovi guariti sono 356, tre le vittime che portano numero totale dei decessi a 12.196.

La situazione negli ospedali

Sul fronte ospedaliero i ricoverati sono 188, 4 in più del giorno precedente, e in terapia intensiva sono 14, due in più del giorno prima.

La situazione nelle singole province

A livello provinciale si registrano a Palermo 140 casi, Catania 107, Messina 31, Siracusa 25, Trapani 49, Ragusa 18, Caltanissetta 7, Agrigento 10, Enna 4.

All’hub di Palermo i vaccini contro Omicron

A Palermo al via la somministrazione dei nuovi vaccini nella versione bivalente aggiornati contro la variante Omicron del Coronavirus. Le dosi sono disponibili anche alla Fiera del Mediterraneo dove, a partire dal 14 settembre, si possono ricevere i bivalenti, Comirnaty Original/Omicron BA.1 e Spikevax Original/Omicron BA.1, già approvati dall’Ema come dose booster, cioè terza e quarta dose.

A chi è raccomandata la quarta dose

Si tratta della quarta dose con i vaccini bivalenti, che è raccomandata prioritariamente ai soggetti che ne hanno già diritto, ovvero agli over 60, ai soggetti vulnerabili per patologia, agli operatori sanitari, agli operatori e agli ospiti delle RSA e alle donne in gravidanza. I nuovi vaccini bivalenti saranno utilizzati anche come terza dose per coloro che hanno compiuto 12 anni indipendentemente dal vaccino utilizzato per il completamento del ciclo
primario. “Come stabilito dalla circolare dell’11 Luglio 2022 del Ministero della Salute – si legge in una nota dell’Asp di Palermo -, occorre che sia trascorso un intervallo minimo di almeno quattro mesi (120 gg) dall’ultimo vaccino effettuato o dall’ultima infezione da Covid).

Lo studio italiano

Un test realizzato in Italia dice quanto si è protetti dal Covid e quando vaccinarci di nuovo. Lo ha messo a punto un team di ricercatori italiani dell’Irccs di Candiolo (To). Con l’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM), nel laboratorio Armenise-Harvard d’Immunoregolazione, hanno realizzato un semplice esame del sangue in grado di superare i limiti degli attuali test sierologici, da soli non in grado di determinare il livello e la durata dell’immunità al virus Sars-CoV-2.

La verifica del sistema immunitario

Il test che consiste nella quantificazione i linfociti T della memoria, consente di misurare e quindi verificare se il sistema immunitario è ancora “armato” contro il virus o se ha bisogno di essere potenziato con una nuova dose del vaccino. Non tutti beneficiano allo stesso modo della vaccinazione anti-Covid. In alcune persone la risposta immunitaria contro il virus Sars-CoV-2 è più forte e duratura che in altre. Può capitare che un individuo abbia bisogno di una nuova dose di vaccino anti-Covid dopo pochi mesi e un altro dopo 6 o addirittura 10 mesi.

La risposta immunitaria varia da persona a persona

Non tutti riescono a mantenere alta la risposta necessaria a riconoscere ed eliminare il virus e le sue varianti, compresa quella attualmente dominante, la Omicron. La reazione immunitaria specifica è composta da due tipi di cellule, i linfociti B e i linfociti T, i primi responsabili della produzione di anticorpi, i secondi della risposta cellulare contro il virus, ovvero del riconoscimento e dell’eliminazione delle cellule infettate. Valutare e misurare la presenza di linfociti T reattivi è dunque fondamentale per capire se una persona è ancora protetta dal contagio.

Uno studio importante per le future epidemie

Lo studio ha importanti implicazioni sulla futura gestione della pandemia. Poter capire se si è in possesso di queste cellule sarà utile per stabilire il grado di protezione della popolazione generale, e in particolare dei soggetti più fragili e selezionare chi e quando necessita di un’ulteriore protezione con la vaccinazione. “Avere gli anticorpi non significa per forza essere protetti dall’infezione, perché nel tempo questi calano e non sono sufficienti a proteggere dal contagio, ragione per cui si è optato per la dose booster”, spiega Luigia Pace, responsabile di questa ricerca presso l’Irccs di Candiolo Laboratorio d’Immunologia Oncologica e responsabile del Laboratorio d’Immunoregolazione presso l’IIGM, tra gli autori dello studio.

Oltre 400 persone coinvolte nello studio

“Le cellule T sono ‘allenate’ a riconoscere molte porzioni della proteina spike del virus, e risentono molto meno delle variazioni introdotte dalle mutazioni delle nuove varianti mai incontrate in precedenza – precisa Pace – Nel nostro studio, condotto su oltre 400 soggetti, sottoposti a vaccino mRNA Pfizer, abbiamo analizzato la reazione immunitaria contro il virus, cioè le risposte delle cellule B che producono gli anticorpi, e la risposta dei linfociti T di memoria contro la proteina Spike di Sars-CoV-2 o derivata dalle varianti B.1.351 (Beta), B.1.617.2 (Delta) e B.1.1.529 (Omicron), fino a 10 mesi dopo la vaccinazione”.

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