“Norme stringenti, controlli severi e consapevolezza del consumatore: tre punti fondamentali su cui non si dovrebbe derogare. Non ci si rende conto di quanto sia fondamentale tutto ciò per la tutela della salute”. A lanciare l’allarme è Daniela Mainenti, docente di diritto processuale penale comparato e esperta di tutela ambientale e lotta alla pesca illegale.
Tentativo di depenalizzare alcuni reati di frode alimentare
“Dallo scorso 26 marzo, infatti, c’è stato il tentativo di depenalizzare alcuni reati sul fronte delle frodi alimentari, subito rientrato grazie ad un intervento dell’ultimo momento nel Consiglio dei Ministri, depenalizzazioni che provano ad abrogare buona parte della regolamentazione UE molto stringente sul tema. “Questi tentativi maldestri rischiano di produrre effetti gravissimi sulla nostra salute, ed è solo la punta dell’iceberg di un problema di frode alimentare ben più vasto, come rivela una recente inchiesta dell’autorevole media britannico, “The Guardian”. Inchiesta che ha evidenziato come il 36% dei prodotti immessi sul mercato sia etichettato in modo errato”, spiega la docente.
Incentivare le leggi che tutelino la salute degli italiani
“L’Italia deve incentivare le leggi che controllino a dovere quanto destinato al consumo alimentare e che tutelino la salute degli italiani”. Dal Regno Unito, al Canada, alla Germania, le etichettature errate sono, stando all’inchiesta di “The Guardian”, su percentuali che si aggirano intorno al 40%, in Giappone, addirittura, prodotti spacciati per polpette di gamberi contenevano solo carne di maiale, di pesce nemmeno l’ombra. “In ambito di pesca illegale il discorso sarebbe infinito – conclude la Mainenti – iniziando dalla pesca sconsiderata e massiva della neonata, cosa che impedisce il giusto ripopolamento delle nostre acque, causando danni irreparabili alla fauna marina. Negli anni ho raccolto dati incredibili. Eppure basterebbe un giro per i mercati rionali in tutta la Sicilia, e in moltissime pescherie palermitane, per rendersi conto di cosa succede: dalle sarde che da 5 euro al kg balzano improvvisamente a 14 euro, vista la festività, al pesce venduto senza chiarezza sulla tracciabilità, alla neonata in quantità industriali. Per non parlare di pesce di cui non si capisce, talvolta, né la specie né la provenienza e che in più casi è stato riscontrato come pericoloso per l’uomo perché infestato da parassiti. Molta attenzione, infine, ai bicchierini di polpa di ricci: spesso si tratta di cozze frullate ”.
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