Il reparto di Nefrologia dell’Ospedale Cervello di Palermo è nuovamente al collasso. L’unica struttura pubblica della provincia che offre un servizio di dialisi alle persone che hanno contratto il Covid è gravemente insufficiente: ci sono solo 12 postazioni per effettuare il trattamento, a fronte di 52 pazienti che devono sottoporsi a dialisi 3 volte a settimana.

Persone fragili in attesa al freddo

Il risultato è che ogni giorno decine di persone nefropatiche, fragili, e per di più positive al Covid, sono costrette ad attendere il loro turno per ore all’esterno della struttura, al freddo, per sottoporsi a questo trattamento salvavita.

Presidio di protesta il 22 gennaio

Una situazione che ha scatenato la protesta di Aned Onlus, l’Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto, che ha organizzato per sabato 22 gennaio alle 9.30 un presidio di protesta presso l’Ospedale Cervello.

Bisogna incrementare personale e posti letto

“È semplicemente inaccettabile che a due anni dall’inizio della pandemia ci si trovi in questa situazione – sottolinea il segretario regionale di Aned Onlus, Fabio Belluomo –. Abbiamo sempre appoggiato la scelta di dedicare il Cervello alla sola cura dei pazienti Covid per evitare che i reparti di Nefrologia diventino focolai di nuovi contagi, ma è chiaro che bisogna essere pronti a rafforzare questi reparti quando il numero di positivi sale, come sta accadendo in questi giorni, incrementando personale e posti letto. Questo non è stato fatto”.

Da due anni situazione di emergenza permanente

“È inoltre necessario – aggiunge Belluomo – cominciare ad organizzare il ripristino delle attività ordinarie di nefrologia presso il reparto. Da due anni viviamo in una situazione di emergenza permanente, con la sospensione di esami e attività ospedaliere essenziali per persone fragili quali sono i pazienti nefropatici. Ogni giorno raccogliamo storie drammatiche, tra queste una persona che ha fatto richiesta di essere inserito in lista trapianti, ma prima deve sottoporsi a colonscopia. Peccato che il servizio sanitario regionale non sia in grado al momento di dargli alcuna data per effettuare l’esame presso una struttura pubblica. Ciò significa che, se dovesse arrivare un donatore a lui compatibile, questa persona perderà l’occasione di ritornare a una vita normale a causa di un’emergenza senza fine. Serve un ripensamento generale dell’offerta sanitaria nella nostra regione”.

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