È dedicata alle repliche delle parti l’ultima udienza prima della camera di consiglio del processo d’appello sulla presunta trattativa Stato-mafia che vede imputati a Palermo gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, il pentito Giovanni Brusca, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà. Il processo, cominciato il 29 aprile del 2919, si svolge davanti alla corte d’assise d’appello presieduta da Angelo Pellino nell’aula bunker del carcere Pagliarelli. All’udienza è presente l’ex senatore Dell’Utri.
Il legale di Dell’Utri: “Da pg ritirata silenziosa”
“Abbiamo assistito a una ritirata silenziosa dell’accusa dal contraddittorio, alla rinuncia sostanziale a confutare le nostre argomentazioni”. È un passo della replica del legale di Marcello Dell’Utri, l’avvocato Francesco Centonze, nel corso degli interventi delle parti previsti per l’ultima udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia prima che la corte si ritiri in camera di consiglio per la sentenza. Per l’esattezza tutti gli imputati devono rispondere di “minaccia a corpo politico”. Centonze parla di “mix di suggestioni create dall’accusa per provare a ribaltare una sentenza definitiva” alludendo al verdetto che ha scagionato l’ex senatore azzurro dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per il periodo successivo al 1992. “Invece di uscire dal suo cantuccio – dice Centonze – la Procura generale preferisce restare nella sua zona di conforto”. Il legale ha bollato come “deduzioni prive di dimostrazioni e mere massime di esperienza le argomentazioni dell’accusa”.
“Il governo Berlusconi si è opposto”
“Il governo Berlusconi si è opposto a provvedimenti favorevoli all’organizzazione mafiosa e questo emerge documentalmente dalle carte della Presidenza del Consiglio depositate al processo” ha aggiunto l’avvocato Centonze, nel corso sempre delle repliche. Lo stesso legale ha parlato di frasi “velenose” dette dall’accusa, emblematiche di una debolezza dell’impianto della Procura generale. “Quanto a Berlusconi vittima della minaccia che la mafia gli avrebbe fatto tramite Dell’Utri, mai avevo sentito l’accusa dileggiare la vittima di un reato. Ne deduco che Berlusconi non goda dell’apprezzamento della procura generale ma, di più, dileggiando l’ex premier è la stessa pg a disconoscerne il ruolo di vittima, altrimenti non ironizzerebbe su di lui”, ha aggiunto. “L’accusa discetta di sociologia, fa deduzioni, insomma guarda il dito e non la luna”, conclude.
Ritirati in camera di consiglio
Intorno alle 13 la corte d’assise d’appello è entrata in camera di consiglio per emettere il verdetto. Nel corso del processo d’appello è stata dichiarata prescritta l’accusa a carico di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito, che rispondeva di calunnia aggravata e concorso in associazione mafiosa. Il 20 aprile 2018 al termine del dibattimento di primo grado, la Corte d’Assise ha inflitto 28 anni a Bagarella, 12 a Dell’Utri, Mori, Subranni e Cinà e 8 a De Donno e Ciancimino. Per Brusca è stata dichiarata la prescrizione. Sotto processo, ma per il reato di falsa testimonianza, era finito anche l’ex ministro dell’interno Nicola Mancino che è stato assolto. La Procura non ha presentato appello e quindi l’assoluzione è diventata definitiva. Per la cosiddetta trattativa è stato, infine, processato separatamente, in abbreviato, e assolto l’ex ministro Dc Calogero Mannino.
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