• Tre le famiglie a capo dello spaccio organizzato in via Algeri, nella zona nord di Siracusa
  • Il capo si era rifugiato a Malta dove è stato catturato
  • Venivano pagati gli stipendi agli affiliati del gruppo per evitare che si penrissero
  • Le donne erano le manager del gruppo
  • Due locali usati per la cottura della cocaina e la rendicontazione dello spaccio

Si era rifugiato a Malta Maximiliano Genova, 40 anni, siracusano, indicato dai magistrati della Dda di Catania e dei carabinieri di Siracusa come il capo della banda di via Algeri, capace di controllare il traffico di droga in città.

Le accuse

I 31 indagati, sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, aggravata dall’uso delle armi, dall’impiego di minori di 18 anni.

Le famiglie a capo del traffico

Le indagini, avviate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo nel novembre 2018 e proseguite fino al luglio 2019 hanno permesso di svelare, attraverso le intercettazioni e le microtelecamere, l’esistenza di un sistema criminale, capeggiato da Maximiliano Genova, catturato a Malta dove si era rifugiato, composto da tre nuclei familiari (Cacciatore, Linares e Fortezza) Il denaro accumulato con la vendita di cocaina, hashish, crack, e marijuana, oltre ad arricchire il capo del sodalizio, sarebbe stato utilizzato per nuovi approvvigionamenti e per pagare gli stipendi dei corrieri, staffette e spacciatori al dettaglio.

Spaccio nelle palazzine

Lo spaccio avveniva all’interno dei portoni e negli androni interni alle scale delle case popolari, con gli accessi protetti da cancelli costruiti abusivamente dagli spacciatori, così da impedire o ritardare irruzioni da parte delle forze dell’ordine. La capacità intimidatrice del gruppo era tale da imporsi anche sugli altri residenti nelle palazzine che non erano in possesso delle chiavi dei cancelli abusivi ed erano così costretti, per entrare ed uscire, a chiedere il permesso alle sentinelle armate che, a turno, presidiavano il territorio ininterrottamente per l’intero arco delle 24 ore.

Le vedette

La zona era costantemente presidiata, giorno e notte, da spacciatori e vedette ed era organizzata con più turni di lavoro, una vera e propria “centrale” dello spaccio aperta 24 ore su 24.  I singoli pusher si recavano, per l’organizzazione e la rendicontazione dello spaccio, in alcuni locali, denominati dagli indagati ufficio” e magazzino”.

L’ufficio ed il magazzino

Il primo era il luogo dove avvenivano le riunioni del gruppo e la ricezione dello stupefacente da parte dei fornitori, dove si effettuava la cottura della cocaina, dalla quale veniva ricavato il crack, e presso cui si procedeva al confezionamento della sostanza ed alla distribuzione delle dosi agli spacciatori incaricati della vendita al dettaglio. L’ufficio si trovava nelle abitazioni delle famiglie Cacciatore e Linares, che si sono avvicendate nella gestione.

Il ruolo delle donne

Le donne si sarebbero ritagliate il ruolo di manager del gruppo, gestendo gli approvvigionamenti di droga ed occupandosi del confezionamento fino alla consegna della sostanza ai pusher.

I figli coinvolti

I figli minori assistevano puntualmente a tutte le operazioni relative al traffico degli stupefacenti che avveniva a casa della famiglia Cacciatore, infatti, secondo i carabinieri, i figli erano presenti quando il padre e la madre cucinavano e confezionavano le sostanze di vario genere trattato dal gruppo, alle riunioni ed agli incontri con spacciatori e fornitori, ed ai conteggi, inoltre effettuavano telefonate per conto dei genitori. I minori di altro gruppo familiare effettuavano invece regolarmente il proprio turno di spaccio o vedetta, come riscontrato dalle riprese video ed intercettazioni e come confermato dalla presenza dei loro nomi all’interno dei registri contabili sequestrati.

I soldi ai detenuti

Il sodalizio, dai riscontri delle forze dell’ordine, inviava soldi agli associati detenuti al fine di evitare collaborazioni da parte degli arrestati. Tutti gli affiliati al gruppo percepivano uno stipendio parametrato in base alla mansione ed al ruolo svolto all’interno dell’organizzazione. Lo stipendio settimanale dei magazzinieri era di  250 euro a settimana; 400 euro agli spacciatori con turni di 8 ore; Mario Cacciatore e Erminia Puglisi incassavano 250 euro ciascuno a settimana, altro 250 euro per la gestione dell’ufficio, con introiti complessivi quindi di circa 3.000 mensili. Inoltre, le indagini dei carabinieri hanno permesso di scoprire l’estrema pericolosità del gruppo, i cui appartenenti non esitavano ad usare la violenza e ad armarsi per regolare le beghe interne.

I sequestri

Nel corso dell’operazione, sono stati sequestrati 270 di hashish; 1.470 grammi di marijuana; 1.850 grammi di cocaina; 25 grammi di metanfetamine; 2 pistole semiautomatiche,  1 revolver, 2 pistole artigianali del tipo “a penna”.

I nomi

In carcere Francesca Alì, 40 anni; Gabriele Cacciatore, 24 anni; Giovanni Cacciatore, 29 anni; Mario Cacciatore, 49 anni, Alessio Cappuccio, 34 anni; Sara Lice Cossu, 29 anni, Danilo Fortezza, 20 anni, Carmelo Fortezza, 24 anni, Massimiliano Genova, 40 anni, arrestato a Malta, Corrado Greco, 38 anni, Alfredo Gugliotta, 42 anni, Giovanni Linares, 24 anni, Massimo Linares, 46 anni, Damiano Mollica, 31 anni, Massimiliano Decio Notturno, 26 anni, Dario Piazzese, 40 anni, Concetta Puglisi, 41 anni, Erminia Puglisi, 47 anni, Gaetano Scariolo, 31 anni,  Umberto Torricellini, 42 anni, e Alessio Visicale, 24 anni. Sono ai domiciliari Antonio Aggraziato, 21 anni, Tullio Caia, 37 anni, Davide Cassia, 37 anni, Lorenzo Cortese, 26 anni, Gaetano Gisana, 31 anni, e Davide Linares, 21 anni.  Obbligo di dimora per Paride Quattrocchi, 58 anni. Un minore è stato accompagnato in un istituto di pena minorile, due indagati sono al momento irreperibili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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