L’operazione Alter Ego, che all’alba di oggi ha portato al blitz dei carabinieri con 12 misure cautelari, ha messo a fuoco le dinamiche della mafia catanese. Ne sono convinti gli inquirenti che seguendo gli indagati in questi anni hanno potuto ricostruire il ruolo che sembrerebbe essere rivestito da alcune figure di spicco di diverse famiglie mafiose all’interno dello scenario criminale della città di Catania, mettendo in luce relazioni, contatti e dinamiche connesse al traffico di ingenti quantità di sostanze stupefacenti ed al loro verosimile approvvigionamento anche oltre i confini regionali e nazionali. Le accuse a vario titolo nei loro confronti sono di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e spaccio di sostanze stupefacenti con l’aggravante del metodo mafioso.
I primi passi dell’indagine
L’attività investigativa trae origine da significativi arresti e sequestri, correlati fra loro, eseguiti dai carabinieri in un breve lasso di tempo nell’estate del 2018: il 26 agosto, in località Villaggio Sant’Agata venivano arrestate in flagranza di reato tre persone, fra cui Gregorio Drago, sorprese a scaricare da una autovettura numerose scatole di cartone con il marchio “Barilla” che occultavano, fra i pacchi di pasta, 242 chili di hashish con una precisa sigla identificativa. Le successive indagini consentivano di ipotizzare il coinvolgimento anche di Orazio Musumeci e Antonino Sebastiano Battaglia, esponente del clan “Santapaola”, che aveva noleggiato l’autovettura utilizzata per il trasporto.
Il blitz nella casa dello “spaccatello”
Pochi giorni dopo, i militari eseguivano una perquisizione nell’abitazione di Santo Sicali, detto “spaccatello”, durante la quale, oltre ad essere rinvenute e sequestrate una somma pari a più di 300 mila euro in contanti ed un’agenda nella quale erano annotati nomi, pseudonimi e cifre riferite al traffico di stupefacenti (il cosiddetto libro mastro), venivano trovate circa venti confezioni di pasta “Barilla”, vuote, ma identiche a quelle oggetto del primo sequestro. Infine, presso l’abitazione di Rosario Zagame, ritenuto esponente della famiglia mafiosa “Cappello-Bonaccorsi”, circa un mese dopo, venivano rivenuti 57 chili di hashish, oltre a 1,6 kg di cocaina ed armi, contrassegnati dalla stessa identica sigla.
Le intercettazioni
Queste acquisizioni investigative, analizzate fra loro e sviluppate attraverso l’utilizzo di attività tecniche di intercettazione (telefoniche, telematiche ed ambientali anche in carcere), hanno permesso di attribuire la fornitura di entrambi gli ingenti quantitativi di hashish, con elevato grado di verosimiglianza, allo stesso Sicali, ma anche di ipotizzare la centralità e la peculiarità del suo ruolo nello scacchiere del traffico di sostanze stupefacenti, in ragione della sua capacità di intrattenere simultanei contatti con affiliati a famiglie mafiose anche contrapposte. Sicali, infatti, sembra agire con studiata cautela, conducendo una vita apparentemente regolare dedita alla famiglia ed ai cavalli (da qui il nome dell’operazione: Alter ego); al contempo, sembra godere di una certa autonomia e riconosciuta affidabilità, conquistate “sul campo” grazie alla ritenuta capacità di trafficare grosse forniture di stupefacenti (cocaina, hashish, marijuana) tramite canali di approvvigionamento aperti in Italia ed all’estero, comportandosi come un vero e proprio “broker” capace di calmierare i prezzi, assicurare profitti e assecondare rapidamente le richieste dei clienti. A riscontro, i militari del nucleo operativo di piazza Dante, nel corso di mirate perquisizioni eseguite il 19 aprile 2019, sequestravano, nella sua abitazione, 72 mila euro in contanti, e contestualmente rinvenivano in un terreno di sua proprietà, in località San Giuseppe la Rena a Catania, 21 chili di cocaina suddivisa in panetti ed occultati in una canaletta dell’irrigazione unitamente ad una pistola con matricola abrasa e vario munizionamento.
Il collegamento
Le ulteriori risultanze investigative hanno poi consentito di acquisire elementi probatori rilevanti in ordine al verosimile coinvolgimento dei soggetti che avevano subito il primo sequestro (242 kg di hashish) all’interno di una strutturata associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacenti stabilmente operante nel quartiere cittadino del “Villaggio Sant’Agata”, che allo stato delle indagini risulta essere costituita da Antonino Battaglia, Antonino Sebastiano Battaglia, Gregorio Drago, Michele Fichera e Orazio Musumeci, capace di immettere sul mercato, spesso con il supporto dello stesso Sicali, ingenti quantitativi di droga di ogni genere, nell’ordine delle centinaia di chili, proveniente dall’Albania o dall’Olanda e destinata alle piazze catanesi di loro competenza, oppure talvolta a Malta. Dalle stesse intercettazioni è emerso anche che il sodalizio sembra garantire il mantenimento economico e l’assistenza legale ai famigliari dei sodali arrestati per le attività illecite dell’associazione.
Gli approfondimenti delle “relazioni”
Infine, approfondendo le relazioni e monitorando i movimenti di Sicali, i carabinieri sono riusciti a documentare fitti e paralleli contatti con i referenti di altre importanti piazze di spaccio in differenti zone della città, con i quali l’indagato sembrava pianificare la compravendita di regolari ed ingenti quantità di droga. In particolare, è emerso come, dopo l’arresto di Zagame, sul quale nel corso dell’indagine e grazie alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia sono stati raccolti gravi indizi sulla sua appartenenza ai “Cappello-Bonaccorsi”, Sicali avesse intensificato i rapporti con il figlio Nicolò Zagame il quale, secondo l’ipotesi accusatoria condivisa dal Gip, avrebbe ereditato dal padre la gestione della piazza di spaccio del “Tondicello della Playa”.
I rapporti commerciali
Allo stesso tempo è stato accertato che Sicali intratteneva illeciti rapporti commerciali anche con Alfio Castagna, ritenuto esponente del clan “Cappello-Bonaccorsi” e gestore della storica piazza di spaccio delle “Salette” nel cuore del quartiere di San Cristoforo; con Giovanni Di Stefano, il quale oltre a progettare grossi acquisti di droga con Sicali, in un’occasione gli aveva persino chiesto di procurargli un’arma; ed infine con Salvatore Cambria, che parallelamente all’attività di rivendita di caffè in via Plebiscito, sembrerebbe gestire nella stessa zona un’autonoma attività di spaccio.
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