Nel luglio dello scorso anno la Polizia di Stato di Palermo inflisse un duro colpo al mandamento mafioso di Passo di Rigano, disarticolandone il vertice. Più di 200 uomini della Squadra Mobile di Palermo, diretta da Rodolfo Ruperti, e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Federal Bureau of Investigation (FBI) di New York, eseguirono 19 arresti, disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo, nei confronti di altrettanti esponenti e sodali del mandamento mafioso di Passo di Rigano, che dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato, concorrenza sleale aggravata a sua volta dal metodo mafioso ed altro.

Le indagini, scaturite nell’operazione “New Connection”, permisero di appurare, secondo l’accusa, il forte legame instaurato tra Cosa Nostra palermitana e la criminalità organizzata statunitense, con particolare riferimento alla potente Gambino Crime Family di New York, nonché la forte capacità pervasiva, da parte della famiglia mafiosa di Passo di Rigano, sull’economia legale dell´omonimo quartiere, secondo una capillare divisione di ruoli e mansioni: dalla fornitura alimentare all’ingrosso alle classiche estorsioni, passando per la gestione dei giochi e delle scommesse on line.

A Passo di Rigano, secondo gli inquirenti, avevano ricostituito la loro roccaforte criminale importanti esponenti della famiglia Inzerillo, una storica cellula mafiosa palermitana, decimata negli anni ’80 dalla seconda guerra di mafia. Agli esiti delle indagini, è risultato infatti che questi “scappati”, rientrati in Italia nei primi anni duemila, avessero ricostituito le file della “famiglia”, anche grazie al ritrovato equilibrio con la fazione criminale avversa.
L’inchiesta aveva svelato l’asse tra Cosa nostra siciliana e i clan d’oltreoceano.

Ebbene, adesso l’udienza preliminare del processo nato dall’inchiesta New Connection non ci sarà.
Come si legge sull’edizione odierna del Giornale di Sicilia, per un errore, la richiesta di rinvio a giudizio è arrivata tre giorni prima rispetto a quando, in base alle norme temporanee legate all’emergenza coronavirus, fosse ammissibile.

Dunque c’è il rischio scarcerazione per gli imputati, cioè gli Inzerillo, così come per altri nomi di ‘peso’, cioè Spatola, Gambino, Sansone, Buscemi. Se non ci fosse stato il lockdown i termini di custodia cautelare sarebbero già scaduti. Tutto da rifare quindi.
L’indagine dei pm Amelia Luise e Giovanni Antoci, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, riguarda 33 presunti mafiosi, fino a ieri imputati e ora tornati indagati.

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