• La difesa del ristoratore accusato dell’omicidio dei badanti ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame
  • Affidato l’incarico al medico legale per l’esame del Dna dei resti umani trovati nella villetta dell’indagato
  • Secondo la difesa dell’uomo non ci sono gravi indizi di colpevolezza

“Non ci sono gravi indizi di colpevolezza che possano giustificare la misura cautelare in carcere”. E’ quanto indicato nel ricorso al Tribunale del Riesame di Catania presentato dalla difesa di Giampiero Riccioli, il ristoratore di 50 anni di Siracusa, accusato dagli agenti della Squadra mobile di Siracusa e dai magistrati della Procura generale di Catania di essere l’autore dell’omicidio di Alessandro Sabatino e Luigi Cerreto, i due badanti campani di cui si sono perse le tracce dal maggio del 2014.

La svolta alle indagini è arrivata con il ritrovamento di resti umani nella villetta in contrada Tivoli, alla periferia sud di Siracusa, nella disponibilità dell’indagato, il cui fermo è stato convalidato dal gip del Tribunale di Siracusa.

La tesi della difesa

Ma quali sono le ragioni che hanno spinto la difesa di Riccioli, rappresentata dagli avvocati Antonio Meduri e Dario Lombardo, a presentare un ricorso, chiedendo la revoca della misura cautelare in carcere? Nella tesi dei difensori, gli inquirenti avrebbero in mano dei sospetti, più che elementi oggettivi.

I dubbi sul movente

Per gli inquirenti, Riccioli avrebbe avuto dei contrasti con i badanti, arrivati a Siracusa per assistere l’anziano padre del ristoratore  dopo aver risposto ad un annuncio di lavoro. Si ipotizza che i campani avessero accusato il 50enne di aver maltrattato il proprio genitore. Secondo i difensori dell’indagato, ci sarebbe stata certamente una diatriba per motivi di lavoro, al punto che Riccioli avrebbe falsificato le ricevute di pagamento dei due badanti, 2 mesi in tutto. Più facile immaginare, per i difensori, che Riccioli, con quelle false documentazioni, si stesse preparando ad una possibile vertenza di lavoro piuttosto che ad un delitto. Insomma, ci sarebbe una sproporzione tra le ragioni del conflitto ed un duplice omicidio.

La villetta

Da quanto riferito dallo stesso ristoratore, è vera la circostanza che quella villa in contrada Tivoli è nella sua disponibilità ma l’indagato, secondo quanto sostenuto dalla difesa, vive da tutt’altra parte: in un appartamento in  Ortigia, il centro storico di Siracusa. E di tanto in tanto si recava nella villa per andare a trovare il padre.

La fuga durante gli scavi

Agli scavi della polizia nella villetta in contrada Tivoli ha assistito lo stesso Riccioli, salvo poi scappare ed andarsene in contrada Granelli, a Pachino, dove è stato poi rintracciato dalla polizia. Per la difesa, potrebbe esserci stato un crollo psicologico da parte del loro assistito, dopo sette anni di indagini sul suo conto ed un’attenzione mediatica puntuale. Si sarebbe sentito, nella ricostruzione del collegio difensivo, con le spalle al muro, incastrato da una circostanza a lui sfavorevole. Insomma, quella fuga sarebbe frutto di un colpo di testa che lo avrebbe indotto ad andarsene

Le intercettazioni

Nelle intercettazioni, a disposizione degli inquirenti, emergerebbe la decisione del 50enne di vendere le auto: il sospetto delle forze dell’ordine è che l’obiettivo fosse quello di far cassa e magari scappare ma la difesa sostiene, invece, che, con l’attività commerciale, la pizzeria, al collasso per l’emergenza sanitaria, quella compravendita sarebbe servita solo per sfamare la famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

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