Il tribunale di Siracusa ha condannato a sette anni di carcere per estorsione Sebastiano Brunno, 58 anni, indicato come il reggente della cosca Nardo di Lentini. Una sentenza, che prevede anche una multa di 7 mila euro, nettamente più bassa rispetto alle richieste del pm che, al termine della requisitoria, aveva sollecitato una pena a 18 anni di reclusione. Si è chiuso così il processo in primo grado ma la difesa dell’imputato, rappresentato dall’avvocato Sebastiano Troia, ha già annunciato ricorso in Appello. Il procedimento giudiziario è scaturito dalla denuncia di un imprenditore edile di Carlentini, secondo cui Brunno, forte della sua caratura criminale e conosciuto come “Neddu a crapa” lo avrebbe costretto a cedergli un appartamento, a Carlentini, senza alcun corrispettivo.
Il titolare di un’azienda edile ha sostenuto che sarebbe stato il reggente della consorteria di Lentini, molti anni fa, ad andare a trovarlo perché interessato all’appartamento. E dopo avergli consegnato un assegno di 20 milioni di lire avrebbe voluto restituiti i soldi per poi occupare la casa insieme alla sua famiglia. La vittima non avrebbe fiatato, avrebbe avuto molta paura di Brunno, latitante dal 2009 dopo la condanna definitiva all’ergastolo. Fu stato trovato qualche anno dopo a Malta: nella città di San Pawl Il Bahar, a Malta, si era rifatto una nuova vita e quando venne catturato, nell’ottobre del 2014, aveva con se una carta di identità intestata ad un palermitano di 49 anni.
Brunno ha sempre negato ogni accusa e nel corso del processo ha presentato ai giudici della Corte di Assise, presieduta da Giuseppina Storaci, alcuni documenti, tesi a dimostrare non solo i pagamenti all’imprenditore ma anche il contratto di locazione anche se per quanto concerne quest’ultimo è stata fornita una fotocopia ed il consulente del tribunale non ha potuto constatarne l’autenticità. Sul conto di Brunno, sono stati compiuti degli accertamenti patrimoniali, allo scopo di sapere se era in grado di mantenersi l’affitto. Un carabiniere ha eseguito dei controlli sulla famiglia del boss a partire dal 1996 fino al 2015. Nessuno di loro, per l’investigatore, fatta eccezione per un componente della famiglia, che lavorava in un supermercato, percepiva redditi. Insomma, secondo l’accusa quella casa Brunno non avrebbe potuto permettersela. L’imputato sta scontando una condanna all’ergastolo perché riconosciuto colpevole di associazione per delinquere di stampo mafioso e dell’omicidio di Nicolò Agnello, avvenuto nel 1992 a Lentini, nell’ambito della faida tra le cosche mafiose antagoniste Nardo
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