La polizia di Trapani ha arrestato un 29enne trapanese, R.R., per il reato di maltrattamenti in famiglia, così come recentemente modificato dalla legge sulla violenza di genere, aggravato dalla circostanza di essere stato commesso alla presenza e in danno di minori, nonché in ordine ai reati di tentato omicidio e lesioni personali aggravate.

L’intervento degli operatori della Squadra Volante ha così messo fine a continui maltrattamenti subiti da una giovane donna, mamma di tre bambini piccoli, scaturiti a causa di un rapporto burrascoso con il convivente, che si protraeva per circa due anni e caratterizzato da litigi e incomprensioni.

Grazie ad un lavoro minuzioso condotto dalla Polizia di Stato, si è accertato che, da tempo, presso l’abitazione dei due giovani si verificavano condotte violente dell’uomo, il quale, all’ennesimo episodio lesivo nei confronti della vittima, è stato dichiarato in stato di arresto.

Più nel dettaglio, dopo una segnalazione giunta sulla linea di emergenza “113”, i poliziotti, immediatamente allertati dai colleghi della Sala Operativa, si sono recati tempestivamente presso l’abitazione della coppia, dove, una volta giunti, hanno constatato la presenza della donna, in lacrime e con il volto vistosamente arrossato, unitamente ai suoi tre bambini piccoli, di cui una di appena un anno e pochi mesi. La stessa ha indicato nel suo compagno convivente il suo aggressore, ancora presente sul posto.

La ragazza, infatti, ha riferito che, dopo l’ennesimo episodio di violenza fisica posto in essere nei suoi confronti da parte dell’uomo, per i soliti motivi economici e di gelosia, quest’ultimo non aveva esitato ad imbracciare un fucile subacqueo carico e munito di fiocina, puntandoglielo contro e sparando, mentre la stessa teneva in braccio il suo bambino di quattro anni, che, se d’istinto non avesse tirato a sé, sarebbe stato con ogni probabilità trafitto.

Inoltre, l’aggressore non pago del gesto estremo non aveva esitato a distruggere con violenza il telefono cellulare della vittima al fine di impedirle di allertare le Forze dell’Ordine. Intento, questo, che, tuttavia, non andava in porto in quanto la ragazza era riuscita lo stesso a trovare in casa un altro telefono con il quale aveva potuto invocare aiuto al “113”.

Quanto raccontato ha trovato riscontri e conferme oggettive nel sopralluogo degli agenti che, innanzitutto hanno rinvenuto il fucile subacqueo, e poi, con il supporto della Polizia Scientifica, oltre a verificare le tracce della violenza visibili all’interno dell’appartamento, hanno constatato anche nella camera da letto, in particolare sul comò, i segni della fiocina conficcata nel mobile.

Pertanto, i poliziotti, dopo avere ripristinato la sicurezza delle persone offese, con particolare riguardo ai minori, hanno provveduto a ricostruire i vari episodi di violenza subiti dalla donna, ascoltando con dovizia di particolari vari testimoni, i quali hanno confermato tutti la versione della persona offesa.

Quindi, dopo essersi interessati delle condizioni di salute della donna, accompagnandola presso il locale Presidio Ospedaliero, ove le è stato riscontrato un trauma cranico non commotivo, si avvisava il Pubblico Ministero di turno della la Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Trapani, il quale disponeva di tradurre l’arrestato presso la locale Casa Circondariale a disposizione della medesima Autorità Giudiziaria.

Il Giudice per le indagini preliminari competente, riconoscendo l’operato dei poliziotti e considerata anche la condotta abituale dell’uomo, ripetuta nel tempo, ha convalidato l’arresto, ritenendo il reo, tra l’altro, colpevole di avere commesso plurimi atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della compagna e dei suoi figli, disponendo la misura cautelare della custodia in carcere. Il Giudice, infatti, ha ritenuto sussistente il pericolo che il reo, se lasciato in libertà, potesse tornare a commettere reati della stessa specie, magari arrivando a centrare l’obiettivo omicidiario più volte minacciato.

Di fondamentale importanza nell’episodio in questione, è stata la tempestività e la professionalità degli uomini della Polizia di Stato, che nella circostanza hanno adottato il protocollo operativo denominato “E.V.A.”, acronimo di “Esame delle Violenze Agite”, che detta linee guida del “primo intervento di polizia in materia di liti in famiglia”, partendo dalla condivisione delle pregresse informazioni sugli episodi di maltrattamenti subiti dalla stessa vittima per mano del medesimo aggressore.

Questo tipo di intervento è probabilmente tra i più delicati, considerato che il reato di maltrattamenti, disciplinato dall’art. 572 del codice penale, presenta degli indubbi riflessi psicologici per la vittima che, frequentemente, prova vergogna o paura, sentimenti che la spingono a non denunciare.

Per questo è indispensabile che gli operatori della Volante siano competenti e riescano a stabilire un contatto empatico con la vittima.

Per tali esigenze, l’U.P.G.S.P. della Questura di Trapani ha già adottato le procedure del citato protocollo “E.V.A.” che prevede che in ogni intervento della Volante per liti in famiglia sia compilato dagli operatori una specifica check list dove annotare il maggior numero di informazioni, utili a comprendere e cristallizzare quanto accaduto.
Questa scheda costituirà, infatti, un precedente fondamentale per ricostruire l’abitualità delle minacce ai fini della configurazione del reato.