In Sicilia Cosa nostra non è più l’unica organizzazione criminale che ha il totale controllo del territorio. Ci sono gruppi emergenti che si stanno facendo sempre più spazio, specie nella zona orientale ma anche in quella occidentale, come i “nigeriani” a Palermo. E’ quanto riporta l’ultima relazione semestrale della Dia diretta da Maurizio Vallone che fa riferimento al periodo gennaio-giugno 2021.

“Non è l’unica matrice criminale”

“Cosa nostra non rappresenta – si legge – l’unica matrice criminale di tipo mafioso che opera in Sicilia. Nel versante occidentale conserva un’immutata egemonia benché si registri la presenza molto attiva di gruppi criminali di etnia nigeriana operanti soprattutto nel capoluogo. Nell’area orientale sono tuttora attive compagini storicamente radicate quali la ‘stidda’ e altre numerose organizzazioni mafiose non inquadrabili nella struttura di cosa nostra”.

La mafia nigeriana

La mafia nigeriana, secondo la Dia, è ben radicata e particolarmente attiva in diversi settori criminali. I sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti: “I cults nigeriani – si trova scritto – sono in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e soprattutto i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente nonostante la pandemia”. C’è una crisi di leadership nei vertici regionali e provinciali di cosa nostra: “Il ripianamento delle posizioni di vertice rimane ancora problematico nonostante il ritorno nei territori di competenza di ‘vecchi’ uomini d’onore che hanno ottenuto la scarcerazione di recente. Difficoltà di dialogo, incomprensioni e differenza di vedute sono i sintomi di un ‘gap’ generazionale che può diventare profondo e farsi critico”.

I vuoto nelle competenze territoriali

Il sistema delle reggenze ha consentito una inusuale flessibilità nella definizione delle “competenze territoriali” delle famiglie e dei mandamenti, delineando quindi nuovi equilibri di potere quale conseguenza di accordi “inter-mandamentali”. Il tutto mirato a trovare utili sinergie per superare il momento di stallo determinato dalle operazioni di polizia sul territorio. I “vecchi” uomini d’onore che fanno ritorno nei propri territori di competenza ambiscono a manovrare nuovamente le leve del potere mafioso ma lo vogliono fare a modo loro a pieno titolo e senza condivisione con i reggenti. Spesso non ne riconoscono la caratura e lo spessore criminale e con questi non temono di arrivare alla contrapposizione. Sono considerati “i portabandiera di una ortodossia difficile da ripristinare a fronte di una visone più fluida del potere mafioso declinato in chiave moderna”. Si tratta di due approcci differenti che rischiano di polarizzare la dialettica tutta interna a cosa nostra e di focalizzare in futuro risorse ed energie in lotte intestine.

Fenomeno estorsivo mai attenuato

La pressione estorsiva non sembra essersi attenuata: “L’indole parassitaria di cosa nostra – prosegue la relazione –  continua a rappresentare un ‘fondamentale’ irrinunciabile della mafiosità anche in una contingenza economico-finanziaria fortemente condizionata dalla crisi conseguente alla diffusione della pandemia da covid19. Numerose le evidenze giudiziarie del semestre che testimoniano un’attività estorsiva continua da parte delle famiglie mafiose anche durante il periodo di lockdown. Immutate le condizioni che continuerebbero a favorire in tutta l’isola l’esistenza di comitati crimino-affaristici in grado di condizionare drasticamente i processi decisionali degli Enti locali per drenare fondi pubblici a vantaggio di società e imprese mafiose, grazie a funzionari e amministratori locali collusi. Sistemi criminali che si alimenterebbero di corruttela e che avrebbero quale scopo esclusivo l’arricchimento individuale in spregio di ogni regola e norma di legge, a discapito del bene comune di tutta la collettività”.

L’effetto pandemia inesistente sui colletti bianchi

La pandemia non sembra aver rallentato la crescita dei crimini tipici dei “colletti bianchi”. Il Procuratore Generale di Palermo, Roberto Scarpinato, nel suo intervento in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario sul tema aveva detto: “Le statistiche giudiziarie del decorso anno giudiziario attestano che se la stasi forzata imposta dal covid ha determinato un decremento dei reati predatori di strada, furti e rapine, non ha sortito lo stesso effetto per i reati predatori dei colletti bianchi. I delitti contro la Pubblica amministrazione registrano nel distretto un incremento di circa l’8% che raggiunge il picco del 32% circa per i reati di corruzione”. La strategia di contrasto dello Stato alla criminalità predatoria dei “colletti bianchi” è straordinariamente efficace grazie a una varietà di strumenti normativi in grado di anticipare la soglia dell’intervento penale con l’ausilio di armi più snelle e procedure più veloci in quanto a effettività complessiva dell’azione.

Gli argini per difendere le imprese

Misure di prevenzione patrimoniali, gruppi interforze, commissioni di accesso nelle amministrazioni locali sono i presidi di legalità a salvaguardia delle regole di impresa e di mercato, nonché dei processi decisionali degli enti locali. Insieme ad una mirata azione giudiziaria possono efficacemente difendere i fondi del Pnrr destinati nei prossimi mesi alla Sicilia. “I risultati investigativi del semestre – continua la Dia -confermano la connaturata capacità di cosa nostra di colmare ogni forma di vuoto dello Stato in ragione di una solida attitudine a sfruttare le debolezze e a speculare su aziende e comunità in difficoltà. La crisi pandemica, aggravando una crisi economica e sociale risalente nel tempo, avrebbe favorito la crescita del consenso sociale di cosa nostra e delle altre realtà mafiose soprattutto nelle aree più povere della Sicilia”.

Il welfare della mafia

La mafia siciliana avrebbe un suo welfare ancora efficace. “E’ capace – sostiene sempre la relazione – di assicurare posti di lavoro presso aziende a attività commerciali sottoposte a estorsione, impieghi nella filiera criminale dello spaccio di sostanze stupefacenti e distribuzione di generi alimentari in favore di famiglie in difficoltà rappresenta oggi il miglior investimento possibile delle mafie per garantirsi in futuro il perpetuarsi del controllo sociale e territoriale dell’isola. Un settore criminale di particolare interesse per la dimensione del fenomeno nel suo complesso e per gli sviluppi evolutivi che promette è quello delle scommesse e dei giochi online”.

Il business del gioco on line

Cosa nostra, ma in genere la criminalità organizzata di tipo mafioso, riesce a realizzare un controllo diffuso e capillare sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse on line. In pratica sfrutta  società di bookmaker con sede formale all’estero, prive di autorizzazione ad operare in Italia, per offrire servizi ad una fitta rete di agenzie e punti gioco ubicati nel territorio siciliano. “Si tratta di un’attività altamente remunerativa – avverte la direzione investigativa antimafia – che presenta un basso rischio di esposizione all’attenzione delle forze di polizia e garantisce da un lato un forte controllo del territorio e dall’altro il raggiungimento di un elevato potere economico. Particolarmente interessanti sono risultate le figure di soggetti imprenditoriali la cui professionalità e competenza nel settore viene contemporaneamente prestata a più famiglie mafiose, spesso storicamente in contrasto tra loro, senza che questo determini occasioni di attrito o concorrenza in virtù del fatto che si opera in un mercato vastissimo e in continua espansione in grado di soddisfare le esigenze di tutti i sodalizi criminali”.

L’immancabile giro di droga

Il settore degli stupefacenti rappresenta la principale forma di arricchimento per tutte le organizzazioni mafiose siciliane, anche in virtù di un mercato insulare talmente ampio, in particolare nei capoluoghi dove è più fiorente, da non ingenerare alcuna situazione di contrasto a livello generale tra famiglie e clan. Le indagini non hanno evidenziato una particolare propensione al traffico internazionale dei gruppi mafiosi siciliani, i quali piuttosto si rivolgono a clan ‘ndranghetisti o anche stranieri per l’approvvigionamento di grossi quantitativi da importare nell’isola. Nello spaccio di strada spesso cosa nostra si serve di gruppi criminali più piccoli a cui demanda l’intera gestione della commercializzazione senza mai rinunciare al controllo del territorio.

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