“Patologie infettive tra vecchi e nuovi nemici – Coronavirus & Co.” Sul tema Polizia, istituzioni e infettivologi hanno fatto il punto alla caserma Lungaro di Palermo il 10 febbraio scorso per definire procedure operative, condividere informazioni, responsabilità e formazione per bloccare in Sicilia l’epidemia globale da coronavirus (2019-nCoV) partita dalla città cinese di Wuhan.
Ad aprire i lavori sul ruolo della Polizia il I° dirigente medico, Roberto Asaro (ufficio sanitario provinciale – questura di Palermo), che fa parte anche del comitato scientifico organizzativo del convegno insieme al medico superiore Gaspare Cusumano (Ufficio sanitario provinciale dell’XI reparto mobile di Palermo).
In una lontanissima possibilità di diffusione in Sicilia del coronavirus scattano le procedure di soccorso pubblico.
“Siamo i primi ad intervenire – ha detto Asaro -, e in un nuovo potenziale scenario epidemico sul territorio il nostro compito è di attualizzare le informazioni e trasmetterle alle istituzioni coinvolte, fornendo anche direttive univoche su procedure e percorsi aderenti al nostro protocollo. Una concertazione indispensabile e tempestiva su più livelli per evitare la diffusione di informazioni distorte e fuorvianti”.
Per l’infettivologo Antonio Cascio, prof. ordinario dell’Università di Palermo, nonché direttore dell’Uoc Malattie infettive e tropicali del Policlinico Paolo Giaccone di Palermo “è assolutamente improbabile un’epidemia da coronavirus nel nostro Paese. Ritengo giusta però la misura della quarantena per tutti coloro che arrivano da territori dove sono stati accertati focolai di infezione, anche per i bambini”.
“La sanità pubblica italiana è fra le migliori al mondo – ha proseguito – ma servono maggiori dotazioni organiche nei reparti di malattie infettive, più igienisti e assistenti sanitari. Ci sono aspetti della malattia che ancora non conosciamo, sulla base dei dati disponibili non è semplice prevedere la fine dell’emergenza, perciò prudenza. Nell’ipotesi remotissima di un’epidemia, probabilmente anche la Sicilia dovrà considerare la possibilità di utilizzare caserme abbandonate e ospedali militari”.
Nel frattempo “nell’ipotesi di un contatto con un caso sospetto o accertato – ha proseguito Cascio – è opportuno informare il proprio medico curante, che valuterà l’opportunità della segnalazione al 118. Non bisogna decidere in autonomia, andare in ospedale se affetti dal coronavirus potrebbe comportare il contagio delle persone presenti in quel momento al pronto soccorso”.
In applicazione delle nuove direttive stabilite dal Commissario per l’emergenza coronavirus Borrelli, di concerto con la task force del Ministero della Salute “sono state implementate anche in Sicilia i controlli sanitari – ha spiegato il direttore regionale del ministero della Salute Claudio Pulvirenti – . Oggi monitoriamo la temperatura di tutti i passeggeri che arrivano con voli internazionali e da Roma con il coordinamento della sanità aerea del Ministero della Salute e la collaborazione dei volontari della Protezione civile per l’aeroporto di Catania Fontanarossa. Per l’aeroporto Falcone- Borsellino di Palermo siamo supportati dalla Croce rossa italiana. Lo stesso avviene nei porti con le navi navi, per le quali il regio decreto della cosiddetta libera pratica sanitaria è stato allargato a tutte le imbarcazioni, soprattutto alle navi crociera. Qualora un passeggero rientrasse nei casi sospetti previsti dalle linee guida del Ministero scattano subito tutte le procedure sanitarie di biocontenimento”.
Oggi il biocontenimento è una procedura consolidata che isola i soggetti infettivi. “Lavoriamo su questo fronte già dal 2015 – ha detto il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato – perché le malattie infettive non sono un evento episodico, ma un parte importante della medicina e della sanità pubblica con ricadute che cambiano in base ai progressi della ricerca e della conoscenza. Oggi l’Omceo di Palermo è l’ente attuatore di un progetto ministeriale mirato alla definizione di processi e possibili misure di contenimento in situazioni d’emergenza. Oltre alle attività formative attraverso un pool di esperti (focal point) altamente qualificati e in possesso di specifiche competenze in materia di biocontenimento, il progetto prevede anche un addestramento ‘realistico’ periodico per validare i Piani di preparazione e di risposta. Una formazione sul campo affiancata da format educativi per il personale sanitario delle Aziende sanitarie regionali, del personale laico e non afferente alle pubbliche amministrazioni che a vario titolo intervengono nella gestione delle emergenze riconducibili al biocontenimento”.
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