Una città in perenne ritardo sui cantieri, sul traffico (eterna piaga di “JhonnyStecchiniana” memoria), sulla vergogna cimiteriale del negato eterno riposo, sul disastro depurazione (altro che “Costa Sud Balneabile come Mondello”, sic.!), sui bilanci in rosso, non poteva che essere in ritardo anche per l’avvio della campagna elettorale 2022. Una corsa per Palazzo delle Aquile che sembra più una gara tra lumache o tartarughe, fate voi. Né uno straccio di nome certo, né una coalizione definita, né liste. Il nulla. Neanche un nome per il candidato sindaco dal Centrodestra e dal Centrosinistra, a meno di 3 mesi dal voto.
Meno di 100 giorni alle elezioni e la politica – tutta, senza distinzione di colori – non ha saputo trovare la quadra per un accordo su un nome. Né tantomeno hanno avuto il coraggio di portare avanti le primarie, tanto nominate a mai avviate nei fatti. Meno di cento giorni, dicevamo. Neanche siamo riusciti a sapere una data certa.
Certo, l’obiettivo sarà quello di dar vita ad un “Election Day“ per accorpare le Amministrative di fine maggio con il voto per i nuovi referendum. E per evitare i ballottaggi a giugno inoltrato, quasi certamente le date si restringono al 22 o al 29 maggio (con eventuale ballottaggio il 5 o il 12 giugno). Un altro dilemma da sciogliere nella lentezza, leitmotiv costante della burocrazia sicula. Rinvii e attese perenni di un’Isola a trazione bloccata, col freno a mano tirato e le quattro frecce accese.
Ma torniamo al Capoluogo. Se per le Regionali d’autunno c’è ancora tempo, per le Comunali di Palermo siamo ormai veramente vicini. La quinta città d’Italia con un vuoto programmatico disarmante. Ben 647mila abitanti in attesa di una mossa per conoscere cosa li aspetta nei prossimi 5 anni. Prima dei nomi, i programmi. Nessuno si è degnato finora di dire COME si intendono risolvere le tante emergenze che affliggono il Capoluogo.
E l’elenco potrebbe continuare, ma queste sono tra le più urgenti. Come risolverle? Nessuno lo sa. Vuoto pneumatico. Come quello delle nostre auto con gomme bucate da voragini imbarazzanti, tra clacson e fumi variegati (traffico misto a bancarelle di stigghiolari).
In colpevole ritardo il centrosinistra. La coalizione Pd-M5S-Sinistra Comune con liste civiche non ha trovato finora la quadra. La pesante eredità lasciata dal sinnacollando sarà dura da digerire e affrontare. Un sindaco che esce di scena con un pesante calo di gradimento che condiziona anche i dem (prendere le distanze o no da Orlando?) e i 5Stelle che attendono non si sa bene cosa, salvo proporre il nome del presidente nazionale dell’Ordine degli architetti, Franco Miceli. Mentre Trizzino ha preso le distanze (“mi duole far presente che il suo nome non è mai uscito in alcuna discussione di coalizione”) dalla proposta dei parlamentari nazionali palermitani 5Stelle Steni Di Piazza, Adriano Varrica, Roberta Alaimo, Aldo Penna e Valentina D’Orso e adesso piovono lettere ‘contro’ questa scelta anche da altri.
Da mesi Trizzino infatti si è fatto avanti mettendo il veto sulla chiusura dell’esperienza orlandiana: “voltare pagina”; mentre Sinistra Comune con Giusto Catania e Giambrone in testa a difendere l’operato dell’Amministrazione attuale. In mezzo qualche lista civica (Mariangela Di Gangi e Antonella Di Bartolo) che anima frange del popolo Pd ma che non sembra pronta a correre per vincere.
La coalizione Pd-M5S, ringalluzzita dal successo di ottobre 2021 alle Amministrative in Sicilia, dovrà dialogare per il dopo Orlando. Ma c’è ancora troppo immobilismo, forse per paura di scelte azzardate. Dunque che fare? Primarie si o primarie no? Orlando ha detto che vorrà dire la sua e sarà della partita. Ma il tempo stringe e se dal PD nazionale qualcuno invocava il campo largo, manca l’ok al renziano Davide Faraone, unico nome al momento ufficialmente candidato (con Italia Viva) con tanto di santini e cartellonistica già pronti da mesi. Nome che però appare divisivo tra i dem: i renziani infatti hanno appoggiato per anni Orlando e solo di recente ne sono usciti con un netto strappo in Consiglio comunale che ha fatto crollare la maggioranza. Giochi politici e trasformismi che non piacciono alla sinistra. Anche perché Faraone ha apertamente incontrato Miccichè e Cuffaro: due che con la sinistra sono non hanno nulla a che spartire.
Altrettanto ritardo nel centrodestra che raccoglie una folla di candidati pronti a scendere in campo. Addirittura più nomi in campo nello stesso partito. È il caso della Lega dove si registrano ben 3 nomi di peso: Marianna Caronia (che ha già concorso per diventare sindaco in passato, uscendo sconfitta), Francesco Scoma (ex Fi, poi Italia Viva, e adesso al Carroccio) e recentemente anche Francesco Greco, ex presidente dell’Ordine degli Avvocati di Palermo. Ma quest’ultimo appare un’ipotesi lontana.
Il nome più probabile, anche se fra alti e basi di gradimento, al momento resta quello di Roberto Lagalla, l’ex rettore Unipa, attuale assessore all’Istruzione della Giunta Musumeci in quota Udc ha ricevuto vari endorsement. Gianfranco Micciché. Ha tirato mesi fa il nome eterno Giulio Tantillo, capogruppo di Forza Italia in Consiglio, anche se oggi conferma che Lagalla è “il miglior candidato possibile” e l’assessore all’Istruzione sarebbe già pronto a rendere ufficiale la candidatura anche se non tutta la coalizione sarebbe favorevole all’affare. Poi ci sono Totò Lentini (capogruppo dei Popolari autonomisti all’Ars) che candidato lo è già, Francesco Cascio (ex presidente Ars), Alessandro Aricò (capogruppo di Diventerà Bellissima) e Carolina Varchi (Fdi) anche lei lanciata nelle mischia in maniera ufficiale da FdI. Ma nessuno di questi è il candidato della coalizione.
Ma anche qui nessuno ha parlato di programmi, se non per qualche annuncio-spot, con reali soluzioni in mano. E in questo marasma, a giocare un ruolo importante è stato lo strappo interno al centrodestra durante il voto per il Quirinale. Aver “bruciato” il nome della Casellati, seconda carica dello Stato, ha creato non pochi malumori dentro Forza Italia.
Gli unici nomi in campo sono quelli degli “indipendenti”:
Tutti indicano il centrodestra in leggero vantaggio, anche se il centrosinistra – in base all’ultima rilevazione Winpoll – con l’opzione “campo largo” vincerebbe agilmente. E per tutti il nome più conosciuto dai palermitani è quello di Fabrizio Ferrandelli. Tutti i sondaggi al momento lo premiano. L’unico scoglio è scegliere da che parte stare.
In conclusione, siamo di fronte ad un ritardo imbarazzante, che testimonia l’inadeguatezza dell’attuale classe politica. Tutta, senza distinzioni di colori. Prima hanno dato la colpa al Covid, poi alle elezioni del Presidente della Repubblica, e adesso alla guerra in Ucraina. Fatto sta che gli accordi non sono stati trovati. Nel 2017 di questi tempi c’erano 6 candidati: Orlando, Ferrandelli, Forello, La Vardera, Spallitta e Lo Monte. Adesso l’unico nome certo è Faraone.
Non è un caso quindi che per tutti i sondaggisti l’astensionismo cresca, così come il partito dell’anti-politica. I palermitani meritano certamente di più.